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Cambiamenti in vista per le holding asiatiche

Recentemente Hong Kong ha introdotto una nuova legislazione che, a partire dal 1 gennaio 2023, cambierà la tassazione dei passive income originati all’estero e riconducibili a società basate a Hong Kong. Ciò potrà avere un impatto importante per tutti i gruppi italiani che abbiano una sub-holding a Hong Kong, che percepisca dividendi, interessi, royalties o capital gains da altre giurisdizioni. Il nuovo regime è simile a quello già in vigore a Singapore.

In ottobre 2021 l’Unione Europea ha incluso Hong Kong e la Malesia nella lista grigia, con la possibilità di passarli alla lista nera se non avessero modificato i loro regimi sulla tassazione dei passive income entro la fine del 2022. A seguito di tali pressioni, l’ex colonia britannica ha introdotto un nuovo regime per la tassazione dei passivi income in capo a società di Hong Kong denominato Foreign Source Income Exemption.

La novella normativa si applica esclusivamente a società di Hong Kong che percepiscono passive income dall’estero e non da fonte domestica, che ora vengono ordinariamente tassati. Tuttavia a tale regime di tassazione, si applicano tre importanti esenzioni: i) economic substance exemption per dividendi, capital gains e interessi, ii) participation exemption per dividendi e capital gains, e iii) nexus exemption per le royalties. I regimi speciali, come i Qualifying Corporate Treasury Centers, dovrebbero anch’essi essere assoggettati alla nuova normativa sui passive income.

La prima esenzione relativa alla sostanza economica richiede un adeguato numero di personale dipendente e spese operative congrue alla gestione ordinaria societaria. Non sono stati specificati livelli minimi, ma verrà fatta una valutazione caso per caso per determinare il rispetto dei parametri. In ogni caso, saranno adottati dei requisiti meno stringenti per le mere holding di partecipazioni.

La seconda esenzione della participation exemption, simile a livello di principio alla norma italiana, prevede due soli requisiti: i) partecipazione societaria maggiore o uguale al 5%, e ii) holding period superiore ai 12 mesi. Come noto, invece, il regime PEX italiano richiede due requisiti oggettivi (l’holding period di 12 mesi e l’iscrizione della partecipazione tra le immobilizzazioni finanziare) e due soggettivi da verificare in capo alla partecipata (ossia la residenza fiscale in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata e lo svolgimento di un’impresa commerciale, requisito che è talvolta problematico per le holding che detengono immobili o che svolgono la sola gestione passiva di asset da cui derivi la percezione di passive income).

La terza e ultima esenzione, il principio del nexus, si applica esclusivamente alle royalties derivanti dall’uso di brevetti e diritti d’autore per il software (IP qualificate). Invece, tale esenzione non si applica alle royalties corrisposte per l’uso dei marchi e per i diritti d’autore diversi dal software. La porzione delle royalties esenti da tassazione, viene calcolata prendendo a riferimento le spese di ricerca e sviluppo sostenute.

Chiaramente qualora tali redditi vengano già tassati nei paesi della fonte, resterà applicabile il credito d’imposta come previsto dalle relative Convenzioni contro le doppie imposizioni o a livello unilaterale.

E’ quindi importante per tutti quei gruppi italiani con una sub-holding a Hong Kong, verificare che sussistano le condizioni per poter beneficiare dell’esenzione fiscale sui redditi passivi derivanti al di fuori del territorio di Hong Kong. In caso contrario tali redditi potrebbero essere soggetti ad un’aliquota fino al 16.5%.

A Singapore, invece, i redditi di fonte estera, siano essi da attività caratteristica o da passive income, sono in linea di principio già da diversi anni tassabili in capo alle società di capitali. Tuttavia, a certe condizioni, i passive income godono anche qui dell’esenzione alla tassazione o della dilazione del momento impositivo.

Gli interessi di fonte estera, per esempio, non sono esenti da tassazione ma concorrono alla formazione del reddito imponibile solo nel momento in cui essi vengono rimessi nel territorio, sia tramite l’accredito in un conto corrente di Singapore, sia per il tramite di investimenti in beni mobili.

I dividendi distribuiti da una controllata estera e percepiti dalla controllante di Singapore, godono, già dal Giugno 2013, di una totale esenzione alla tassazione. La normativa è, tuttavia, rivolta ad evitare la costruzione di gruppi multinazionali con al vertice una controllante domestica che siano di fatto in elusione di imposta.

Infatti, affinché si applichi l’esenzione alla tassazione dei dividendi in capo alla holding di Singapore, tali dividendi devono essere stati assoggetti a tassazione nel paese di origine, sia direttamente tramite una ritenuta d’imposta applicata alla fonte sia indirettamente per effetto di imposta sui redditi della società che ha generato tali dividendi. Inoltre, la controllata deve risiedere in un paese a fiscalità non privilegiata in cui l’aliquota d’imposta ordinaria sulle società sia pari ad almeno il 15%.

Con l’introduzione di tali regimi di tassazione, è chiaro come sia per Hong Kong che per Singapore l’obiettivo sia di mantenere il proprio status di hub finanziari per l’Asia, restando in linea con i dettami stabiliti dall’OCSE e dall’UE per garantire una fiscalità trasparente e congrua a livello internazionale.

 

 

 

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