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Hong Kong verso la white list

Hong Kong, 6 settembre 2016

Nello scorso mese di agosto sono intervenute importanti novità in materia fiscale italiana che saranno di sostanziale aiuto sia ai soggetti italiani con attività in Hong Kong, sia agli investitori dell’ex colonia britannica con attività in Italia.

Ciò è stato possibile grazie ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate e all’inserimento di Hong Kong nella white list.

Ricordiamo che tali novità vanno ad aggiungersi alla recente entrata in vigore dell’accordo contro le doppie imposizioni tra Italia e Hong Kong.

In primo luogo, con Circolare N.35/E del 4 agosto 2016 (“Circolare”), l’Agenzia delle Entrate ha fornito un esame approfondito delle novità introdotte negli ultimi due anni alla normativa sulle Controlled Foreign Companies (“CFC”), prendendo posizione in particolare sulle modifiche apportate dal decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147, recante misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese (“decreto internazionalizzazione”), e dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (cd. Legge di stabilità 2016).

Completa l’analisi dell’Agenzia delle Entrate un esame dei presupposti applicativi del regime dei dividendi e delle plusvalenze derivanti dal possesso, o dal realizzo, di partecipazioni in società residenti in giurisdizioni a fiscalità privilegiata.

In secondo luogo, con il Decreto Ministeriale del 9 agosto 2016, pubblicato il 22 agosto 2016 in Gazzetta Ufficiale (“Decreto”), che ha modificato il Decreto Ministeriale del 4 settembre 1996 (“white list”), sono stati portati a 123 il numero degli Stati o territori con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Nell’elenco è ora stato incluso il Territorio di Hong Kong.

Di seguito analizzeremo alcuni aspetti interessanti che emergono dall’analisi proposta nella Circolare nell’ottica di un soggetto italiano con attività in Hong Kong ed effettueremo una breve analisi sugli impatti più rilevanti che derivano dall’inserimento di Hong Kong nella white list.

1. Hong Kong e il regime CFC

Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2015, del decreto ministeriale 18 novembre 2015, Hong Kong è stato eliminato dalla black list di cui al Decreto Ministeriale 21 novembre 2001 che regolava l’applicazione delle disposizioni CFC.

A tal proposito, restava il dubbio se le disposizioni CFC si sarebbero ancora applicate in merito agli utili conseguiti dalle partecipate in Hong Kong per quanto concerne l’anno 2015.

La Circolare ha chiarito che ai fini dell’applicazione del regime CFC rileva “la situazione esistente alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato”. Ciò significa che i presupposti di applicazione della disciplina CFC, vale a dire il controllo della partecipata estera[1] e la sua localizzazione in una giurisdizione a fiscalità privilegiata, vanno verificati con riferimento alla chiusura dell’esercizio della controllata in Hong Kong.

Ad esempio, la controllata in Hong Kong con esercizio coincidente con l’anno solare, si considera esclusa dal regime CFC per l’intero periodo d’imposta 2015. Al contrario, nel caso in cui la controllata in Hong Kong chiuda l’esercizio al 30 ottobre 2015, il reddito prodotto dalla stessa nel periodo dal 1 novembre 2014 al 30 ottobre 2015, sarà imputato per trasparenza al socio italiano[2].

A partire dal 1 gennaio 2016, la legge di stabilità 2016 ha eliminato la black list e introdotto il criterio cha fa riferimento al livello di tassazione nominale inferiore al 50% di quello applicabile in Italia per l’individuazione delle giurisdizioni a fiscalità privilegiata.

Ai fini del confronto dei livelli di tassazione nominali, dal lato italiano, rileva l’aliquota IRES + IRAP (di cui si prende in considerazione l’aliquota ordinaria attualmente pari al 3,9%), senza considerare eventuali addizionali. Quindi per un totale di 27,5%[3]+3,9%=31,4%. Dal lato di Hong Kong rileva invece la profits tax pari attualmente al 16,5%.

Dal confronto emerge chiaramente che l’aliquota nominale di profits tax attualmente in vigore in Hong Kong è superiore alla metà della somma IRES+IRAP.

Resta inteso che sia per il 2015 che per il 2016, le stesse controllate in Hong Kong possono ugualmente rientrare nel regime CFC qualora soggette a regimi fiscali speciali oppure all’articolo 167, comma 8-bis del TUIR, come di seguito meglio specificato.

1.1. Regimi speciali: Offshore

Sulla base delle attuali disposizioni dell’articolo 167, comma 4 del TUIR, la Circolare prevede che a partire dal 1 gennaio 2016, si considerano privilegiati:

  • i regimi in cui il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia;
  • i regimi speciali.

Se la norma in esame non avesse espressamente incluso anche i regimi speciali, non avrebbe trovato applicazione il regime CFC nell’ipotesi in cui la controllata estera avesse scontato un’aliquota d’imposta particolarmente vantaggiosa in virtù di un regime fiscale riconosciuto da una giurisdizione in cui l’aliquota ordinaria di imposizione è superiore al limite del 50%.

In coerenza con la ratio dell’articolo 167, comma 4 del TUIR e in continuità rispetto alla previgente individuazione dei regimi speciali ad opera del legislatore[4], si considerano tali tutti i regimi fiscali di favore che concedono un trattamento agevolato strutturale, con un’imposizione inferiore alla metà di quella italiana.

A tal proposito, tra gli altri casi, l’Agenzia delle Entrate fa specifico riferimento ai regimi fiscali “che garantiscano la detassazione dei redditi derivanti da attività svolte all’estero”. Quindi, l’eventuale applicazione del regime offshore in relazione all’utile netto generato dalla controllata in Hong Kong, farà scattare il regime CFC in capo alla controllante italiana[5].

1.2. Le disposizioni di cui al comma 8-bis dell’articolo 167 del TUIR

A partire dal periodo d’imposta 2010 la disciplina CFC è stata estesa anche alle società controllate residenti in giurisdizioni a fiscalità ordinaria al verificarsi di entrambe le condizioni:

  • tassazione effettiva inferiore a più della metà rispetto a quella italiana; e
  • hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% da passive income o dalla prestazione di servizi infragruppo.

A tal proposito, erano attesi dei chiarimenti da parte del Direttore dell’Agenzia per determinare, con modalità semplificate, il confronto tra la tassazione effettiva estera con l’imposizione che la controllata avrebbe scontato qualora fosse stata residente in Italia (tax rate virtuale domestico). A tal proposito, la Circolare per determinare il carico effettivo di imposizione gravante sulla società estera, fa riferimento al “calcolo del rapporto tra l’imposta corrispondente al reddito imponibile e l’utile ante imposte della controllata”.

 

1.3.Abrogazione dell’articolo 168 del TUIR

Il decreto internazionalizzazione ha abrogato l’articolo 168 del TUIR che estendeva la disciplina CFC anche alle società collegate[6] localizzate in giurisdizioni a fiscalità privilegiata.

Per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, l’abrogazione ha effetto a partire dal periodo d’imposta 2015.

2. Tassazione dei dividendi

Come per la normativa CFC, anche per la tassazione dei dividendi[7] distribuiti nel corso del 2015 si fa riferimento alle disposizione dell’articolo 167, comma 4 del TUIR, in base al quale sono regimi fiscali privilegiati quelli:

  • inclusi nella black list[8]; oppure
  • tassazione inferiore a più della metà rispetto a quella italiana.

Tuttavia, rispetto a quanto previsto per la CFC, la Circolare prevede diversamente per quanto concerne la tassazione degli utili, facendo riferimento alla verifica della presenza o meno nella black list della giurisdizione da cui provengono nel momento in cui gli utili sono percepiti o le plusvalenze realizzate dal socio italiano.

Inoltre, come visto sopra, qualora la propria partecipata non sia residente in una giurisdizione inclusa nella black list, bisognerà in ogni caso verificare che non sia ivi soggetta a un regime speciale come discusso nel paragrafo 1.1.

Per quanto concerne la tassazione degli utili percepiti durante il 2015 da partecipate residenti a Hong Kong, lo spartiacque da considerare è l’uscita dalla black list e, quindi, il 30 novembre 2015. Ad esempio, i dividendi provenienti da Hong Kong e percepiti dal socio italiano prima del 30 novembre 2015 saranno tassati integralmente. Se dopo tale data, potranno essere tassati parzialmente almeno che la partecipata in Hong Kong non sia soggetta a un regime speciale come visto sopra.

3. Tassazione riserve di utili pregressi

Secondo l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, al fine di stabilire se i dividendi provengano o meno da un paradiso fiscale, è necessario verificare nel caso di Hong Kong quanto segue:

  • che i dividendi siano distribuiti da una partecipata di Hong Kong dopo il 30 novembre 2015;
  • che nell’esercizio di maturazione dell’utile oggetto di distribuzione la partecipata non fosse soggetta a un regime speciale come descritto nel paragrafo 1.1.

Ad esempio, nel caso in cui:

  • una società italiana detiene dal 1° gennaio 2010 una partecipazione pari al 30% in una Limited in Hong Kong;
  • al 31 dicembre 2015 la Limited chiude l’esercizio con riserve di utili accantonati dall’esercizio 2010 e mai distribuiti; e
  • in data 15 luglio 2016 viene approvata la delibera di distribuzione dei dividendi dalla Limited alla società italiana.

In questo caso, i dividendi distribuiti nel 2016 sono formati da utili realizzati, oltre che nel 2015, anche in esercizi (2010-2014) in cui Hong Kong era incluso nella black list.

L’aliquota di Profits tax nel periodo dal 2010 ad oggi in Hong Kong è sempre rimasta pari al 16,5%.

Quindi, se la Limited non ha beneficiato di regimi speciali[9], i dividendi percepiti nel 2016 dal socio italiano non sono soggetti a tassazione integrale.

4. Aspetti applicativi dell’inserimento nella white list

Sono molteplici le norme fiscali sui rapporti con i paesi che scambiano le informazioni, tuttavia, di seguito vengono elencate alcune delle principali norme che vengono modificate grazie all’inserimento di Hong Kong nella white list.

  • ai sensi dell’art 6 del D.Lgs. 239/1996, i soggetti residenti nelle giurisdizioni white list che ricevono pagamenti di interessi ed altri proventi su titoli di stato italiani e obbligazioni emessi da emittenti istituzionali pubblici e privati, beneficiano dell’esenzione dell’imposta sostitutiva[10];
  • riduzione dell’imposta sostitutiva dal 26% al 12,5% applicabile nei confronti dei beneficiari residenti in Italia sugli interessi obbligazionari e titoli similari emessi da giurisdizioni white list e relativi enti territoriali;
  • non opera la presunzione di residenza in Italia, e quindi ivi soggetti a tassazione, per i trust istituiti nelle giurisdizioni elencate nella white list e al verificarsi di certe condizioni;
  • nel quadro RW va indicato il solo valore della partecipazione anziché gli investimenti e le attività finanziarie estere intestate alla stessa società;
  • deducibilità delle perdite verso debitori residenti in Stati white list assoggettati a procedure assimilabili a quelle applicate in Italia;
  • esenzione o dimezzamento dell’imposta sui titoli negoziati in mercati regolamentati;
  • determinazione al valore normale del valore fiscale delle attività detenute da soggetti che trasferiscono la sede societaria in Italia da giurisdizioni white list.

 

4.1. Entrata in vigore

 L’assenza di una norma sulla decorrenza del Decreto rende necessario qualche sforzo interpretativo che potrà poi essere corretto o confermato in via ufficiale.

Secondo quanto previsto dalle diposizioni sulla legge in generale, il Decreto entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta e quindi il 6 settembre 2016.

Tuttavia, sul sito dell’Agenzia delle Entrata la data di entrata in vigore del Decreto viene indicata con il giorno di pubblicazione in Gazzetta.

Stabilire l’entrata in vigore del Decreto è importante in particolare per gli intermediari finanziari che si sono astenuti dall’esentare i proventi corrisposti ai residenti in giurisdizioni non incluse nella white list.

Per quanto concerne invece gli obblighi dichiarativi, già fin dal modello Unico 2016, relativo al periodo d’imposta 2015, si dovrebbe poter beneficiare della possibilità di indicare, all’interno del quadro RW, il valore della sola partecipazione anziché degli investimenti e delle attività finanziarie detenute dalla società.

5. Cosa manca ancora?

Al fine di poter considerare Hong Kong un paese white list a tutti gli effetti, manca ancora la sua cancellazione dal Decreto Ministeriale 4 maggio 1999[11], in cui sono elencati le giurisdizioni per cui scatta l’inversione dell’onere della prova per la residenza delle persone fisiche.

Questa normativa aveva ragione d’essere in virtù della persistenza del segreto bancario che queste giurisdizioni conservavano, ma ormai, considerata la possibilità concreta di scambiare informazioni come previsto negli accordi internazionali sulla doppia imposizione, possono essere considerati collaborativi a tutti gli effetti.

Pertanto data la recente modifica della white list, ci si attende in tempi brevi anche una modifica del Decreto Ministeriale 4 maggio 1999, da cui, tra gli altri, dovrebbe essere eliminato Hong Kong, come già accaduto per Cipro e Malta nel 2010 e per San Marino nel 2014.

Per ulteriori informazioni rivolgersi a:

Asian Tax Advisory:

Marzio Morgante
Dottore Commercialista, LL.M.
Managing Partner

Rooms 501-2, Wilson House,
19-27 Wyndham Street,
Central, Hong Kong

Email: marzio@atatax.hk
Tel: (852) 3102 1995
Fax: (852) 3102 0991

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[1] Il presupposto applicativo dell’articolo 167 del TUIR richiama le situazioni di controllo partecipativo di cui all’articolo 2359, primo e secondo comma del codice civile, senza richiedere il contestuale possesso della partecipazione maggioritaria agli utili e al capitale.

[2] Salvo dimostrazione di una delle esimenti previste dal comma 5 dell’articolo 167 del TUIR.

[3] Secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 61, della legge di stabilità 2016 a decorrere dal primo gennaio 2017 l’aliquota IRES si abbasserà dal 27,5% al 24%.

[4] In relazione all’esercizio 2015, il comma 4 dell’articolo 167 del TUIR stabilisce che deve considerarsi privilegiato un regime speciale che determini un livello di imposizione inferiore di oltre il 50% rispetto a quello applicato in Italia.

[5] Sempre la Circolare, nell’ipotesi in cui il regime speciale sia fruito parzialmente, al fine di caratterizzare o meno tale regime come speciale fa riferimento al criterio di prevalenza “che valorizzi l’attività risultante maggioritaria in termini di entità dei ricavi ordinari”.

[6] Il collegamento rilevante consisteva in una soglia minima di partecipazione agli utili pari al 20%, ridotta al 10% nel caso di società quotate.

[7] Il decreto internazionalizzazione ha modificato gli articoli 47, comma 4, 68, comma4, 87, comma1, lettera c) e 89, comma 3, del TUIR, con efficacia a partire dal periodo d’imposta 2015.

[8] Decreto ministeriale del 21 novembre 2001.

[9] Vedi paragrafo 1.1

[10] Sino ad oggi per un investitore di Hong Kong l’imposta sostitutiva era pari al 12,5% su interessi ed altri proventi derivati da titoli di Stato italiani ed equiparati.

[11] Inoltre, tale black list regola: i) l’obbligo di inserire nelle comunicazioni IVA da effettuare nel quadro BL del modello di comunicazione polivalente, tutte le transazioni con soggetti localizzati in Hong Kong; e ii) l’applicazione del Dl 78/09 sulla lotta all’evasione internazionale che prevede sia un raddoppio dei termini di accertamento che delle sanzioni da applicare.

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