In data 16 ottobre 2023, il Consiglio dei ministri italiano ha approvato, in sede di esame preliminare, il Decreto Legislativo di attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, prevedendo, tra l’altro, la modifica dell’attuale regime fiscale agevolativo a favore di quei lavoratori che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia dopo un periodo di lavoro all’estero, noto come il ‘Regime Impatriati’. La novella normativa restringe i requisiti di applicazione soggettiva e la misura dell’agevolazione rispetto alla disciplina attualmente in vigore (art. 16 del d.lgs. 14 settembre 2015, n. 1477) e, se confermata, entrerebbe in vigore a partire dal 1° gennaio 2024, con un regime transitorio in vigore fino a detta data.
Indichiamo di seguito un breve riepilogo delle novità introdotte, nel caso in cui la bozza attuale di decreto venisse approvata.
I destinatari della riforma
La nuova disciplina sarebbe applicabile a tutte le persone fisiche che, a decorrere dal 1° gennaio 2024, stabiliscono la propria residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’art. 2 del Testo Unico delle Imposte sul Reddito (TUIR), e che percepiscono:
- redditi da lavoro dipendente; o
- redditi assimilabili a quelli da lavoro dipendente; o
- redditi da lavoro autonomo.
Verrebbero quindi esclusi i redditi d’impresa, precedentemente inclusi nel vecchio regime agevolativo.
Risulta ridotta anche la tipologia di lavoratori a cui si rivolge il nuovo incentivo fiscale: mentre in precedenza non c’era distinzione a seconda della prestazione lavorativa svolta, ora il nuovo regime prevede che possano beneficiare dell’agevolazione solo i lavoratori con requisiti di elevata qualificazione o specializzazione. Come spiega la relazione illustrativa, si tratta di «legislatori, imprenditori e alta dirigenza, professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione e professioni tecniche», come definiti dal decreto legislativo 28 Giugno 2021 n. 108, e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.
Le nuove modifiche non riguardano tuttavia gli incentivi fiscali per “docenti e ricercatori” che rientrano a lavorare in Italia, ai quali si continuano ad applicare il vecchio impianto normativo.
I nuovi requisiti per accedere al Regime degli Impatriati
È stata introdotto un tetto massimo di euro 600.000,00 quale reddito potenzialmente agevolabile. Inoltre, il lavoratore dovrà rispettare i seguenti requisiti:
- non essere stato fiscalmente residente in Italia nei tre anni precedenti il trasferimento (il vecchio regime prevedeva solo due anni);
- impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per almeno cinque anni continuativi (il vecchio regime prevedeva solo due anni);
- svolgere l’attività lavorativa nel territorio italiano in virtù di un nuovo rapporto di lavoro con un soggetto diverso da quello presso il quale il lavoratore era impiegato all’estero prima del trasferimento nonché da quelli appartenenti al suo stesso gruppo;
- l’attività lavorativa deve essere svolta per la maggior parte del periodo d’imposta nel territorio italiano;
- essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione, come sopra indicati.
Quanto alla prova della residenza fiscale estera, per i contribuenti che non risultano iscritti all’AIRE – Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, per il periodo trascorso all’estero, è confermata la possibilità di dimostrare la residenza fiscale estera sulla base della Convenzione contro le doppie imposizioni in essere con il Paese estero di riferimento.
I benefici e la durata
La percentuale di non imponibilità dei redditi oggetto di agevolazione viene ridotta dal 70% del vecchio regime (ovvero il 90% per quei lavoratori che si trasferivano nelle regioni del Centro-Sud), al 50% del nuovo regime. Viene inoltre eliminata ogni differenziazione territoriale, così che l’agevolazione è uguale in tutto il territorio nazionale.
La durata del beneficio fiscale appare confermata in cinque anni d’imposta. È tuttavia eliminata la proroga delle agevolazioni per ulteriori cinque anni in caso di acquisto di un immobile residenziale, oppure in presenza di prole minorenne o a carico al momento del rientro in Italia.
Il lavoratore che non mantiene la residenza fiscale nel territorio italiano per almeno cinque anni decade dai benefici, e si provvederà al recupero di quelli già fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi.
Il Regime Transitorio
Viene introdotto un regime transitorio a favore di quei soggetti che hanno ottenuto la residenza fiscale in Italia entro il 31 dicembre 2023, che consentirebbe loro di continuare a godere del regime attualmente in vigore.
Tuttavia, in virtù del combinato disposto dell’art. 2 del TUIR, posto che in Italia la residenza fiscale si radica con una permanenza nel territorio dello stato per la maggior parte dell’anno solare, ne deriva che il nuovo regime sarebbe applicabile solo a quei lavoratori che hanno trasferito la residenza in Italia entro il 2 Luglio 2023 – dovendo appunto risiedere in Italia per la maggior parte dell’anno di riferimento per radicare la residenza fiscale in Italia.
Infine, sarebbero espressamente abrogati (i) l’articolo 16 del D.Lgs. n. 147/2015, che definiva il precedente impianto; e (ii) l’art. 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del D.L. n. 34/2019, riguardante la proroga di tali incentivi fiscali.
Considerazioni conclusive
Se il decreto legislativo sarà approvato e poi confermato in base all’attuale formulazione, vi sarà una rilevante diminuzione della quota di agevolazione e dei possibili destinatori del regime Impatriati.
La nuova normativa incentiva quindi solo il rientro di professionisti altamente qualificati e specializzati, chiedendo altresì, tramite l’innalzamento a cinque anni della permanenza in Italia, un impegno più esteso a lavorare continuativamente nel territorio dello stato.